Anche il figlio ha dovuto cominciare da zero
Prima di acquisire l’azienda del padre, il figlio Raffael concluse l’apprendistato al di fuori della società a carattere familiare. Dopodiché, a 23 anni, iniziò a lavorare come montatore di servizio presso Schmid Fenster, dove portò a termine varie stazioni. «Per me era chiaro: anche mio figlio sarebbe dovuto partire da zero», racconta Sepp, «solo così avrebbe imparato il mestiere e conosciuto l’azienda dalle basi.» Neanche per Raffael era scontato che avrebbe acquisito l’attività dei genitori, si vedeva benissimo anche a svolgere altre professioni. Quello che però non aveva in mente era di rimanere a lavorare come collaboratore in una falegnameria. «Volevo associare l’artigianato alla creatività. Qui mi si è presentata un’occasione unica e ne sono molto grato», afferma Raffael. Afferma poi di non aver mai avvertito alcuna pressione, ma che comunque il legame con l’azienda ha sicuramente influenzato la sua decisione.
«A volte avrei voluto mollare tutto»
Per anni, il padre e il figlio hanno gestito insieme l’azienda manifatturiera. La collaborazione non è stata però sempre armoniosa. Una convivenza di successo richiede infatti anche un dialogo aperto e una sana cultura del conflitto e dell’errore. Raffael ricorda: «A volte avrei preferito mollare tutto. Non è facile essere il socio junior nell’azienda dei genitori. Venivo sempre controllato con occhio vigile.» Quello che il padre voleva, era cedere il lavoro di una vita con positività e ottimismo e soprattutto essere sicuro che suo figlio avrebbe avuto tutto ciò che serve per gestire l’azienda in futuro. Prima di tutto voleva mettere in chiaro se i valori aziendali erano vissuti attivamente da suo figlio. Sepp sorride: «Ho dato presto a Raffael delle responsabilità, in modo che imparasse a gestirle. Sicuramente l’ho messo anche alla prova, perché conoscevo la sua spavalderia giovanile.» Ma quando per entrambi divenne chiaro che una successione interna alla famiglia avrebbe funzionato, Sepp decise di lasciare le redini. Oggi è persino dell’opinione che Raffael sia un capo migliore, perché possiede più coraggio di cambiare.
Il momento perfetto per la cessione
Non è facile trovare il momento giusto per la cessione di una società a carattere familiare. Ma anche in questo caso il titolare Sepp aveva le idee ben chiare: per quanto possibile, avrebbe voluto lasciare l’azienda non prima di aver raggiunto i 65 anni. Ha iniziato a occuparsi della pianificazione successoria vera e propria solamente a 60 anni. In realtà è già piuttosto tardi. Gli esperti consigliano di affrontarlo il prima possibile, ma naturalmente questo non è possibile per tutti. Per Sepp e Raffael la cessione fu poco spettacolare. Il socio senior analizzò pubblicazioni rilevanti in merito, mentre quello junior frequentò dei seminari. Alla fine, entrambi richiesero la consulenza di fiduciari, bancari ed esperti in materia fiscale. «Le banche della regione conoscevano l’azienda. E questo ci ha facilitato sotto molti aspetti», aggiunge Raffael. La cessione di un’azienda a conduzione familiare fa emergere però anche il problema sulla parità di trattamento di tutti i figli: «La cosa più impegnativa è stata la comunicazione all’interno della famiglia», sottolinea Sepp. «Nella successione, è estremamente importante scegliere la strada in cui, nel profondo, si confida veramente.»
Mai dire mai
Il primo anno dopo l’acquisizione non andò proprio come previsto. Infatti il processo per la cessione aveva richiesto più risorse di quanto preventivato. «Per me personalmente è stato un momento di grande stress e, allo stesso tempo, anche molto frustrante», ricorda Raffael. Il giovane dirigente aveva investito fin dall’inizio in un parco macchine e veicoli. Per motivi di anzianità, aveva dovuto anche sostituire alcuni collaboratori. Colse così l’occasione per verificare la soluzione previdenziale insieme al suo esperto di previdenza e adeguarla alle nuove strutture. All’insegna del motto «Mai dire mai», Raffael iniziò ad accettare sempre più spesso anche ordini sovraregionali. Questi sforzi vennero ripagati: dopo un primo anno molto impegnativo, l’azienda iniziò a crescere ulteriormente. A gennaio 2019, circa cinque anni dopo l’acquisizione, Raffael decise infine di cambiare anche la forma giuridica dell’azienda. Oggi Schmid Fenster Manufaktur è una società anonima. Alcune cose sono quindi cambiate. Ciononostante Sepp, ora settantenne, lavora ancora a giornata nell’azienda dedicandosi alla sua grande passione: il restauro. Inoltre si occupa di interventi speciali e cura ancora i contatti con i suoi clienti. In casi d’emergenza interviene. Raffael può contare sul padre. Se però si chiede a Sepp per quanto tempo ancora vuole lavorare, lui sorride malizioso: «In realtà direi che pian piano si potrebbe anche finire.» Lasciare le redini non è un problema, perché Sepp sa che la Manufaktur è in ottime mani.